Scoperto l'interruttore che ''accende'' la celiachia
Secondo i ricercatori dello University College di Londra, la colpa sarebbe di una proteina chiamata T-bet
Pubblicato il 19/04/2017Alcune variazioni genetiche specifiche in una proteina potrebbero rendere gli individui che ne sono portatori più suscettibili ad alcune malattie auto-immuni dell’intestino, in particolare alle malattie infiammatorie croniche intestinali e alla celiachia. Ad avere individuato questo particolare “interruttore molecolare” sono stati alcuni ricercatori del King’s College e dello University College di Londra. La colpevole sarebbe una proteina chiamata T-bet, che costituisce uno snodo importante nei processi che coordinano la risposta immunitaria e assicura la produzione di tipi particolari di cellule che funzionano da difesa dell’organismo.
Da alcune scoperte precedenti, già si sapeva che alcune mutazioni nella sequenza del gene che codifica per la proteina possono interferire con l’espressione del gene e dare luogo a infiammazioni. E nel nuovo studio, pubblicato sulla rivista Plos Genetics, i ricercatori hanno ora scoperto che i pazienti con malattie infiammatorie della mucosa intestinale, morbo di Crohn, colite ulcerosa e celiachia (tutte malattie con una componente autoimmune) hanno un’anomalia specifica – la mutazione di una singola lettera del Dna – che produce un difetto nel modo in cui la proteina si lega alle cellule T del sistema immunitario. La stessa anomalia non è stata osservata in altre malattie autoimmuni come la psoriasi o l’artrite reumatoide, a significare che potrebbe essere tipica solo delle malattie intestinali.
Avere scoperto questo interruttore è un passo avanti importante. La ricerca di terapie efficaci per le malattie autoimmuni intestinali è infatti resa difficile anche dal fatto che il meccanismo con cui si generano non è ben noto: da un punto di vista molecolare, i geni coinvolti sembrano molti, ciascuno però con un ruolo tutto sommato piccolo. Se venisse confermato che la proteina T-bet e sue mutazioni specifiche sono uno snodo cruciale nel processo che porta alle malattie, si avrebbe invece un bersaglio più semplice cui mirare con possibili terapie.
Chiara Palmerini
fonte: Panorama